12-13/09/2013
Terza tappa hondureña é Comayagua, antica capitale e importante centro religioso-politico. Conosciuta e visitata per il suo patrimonio culturale e monumentale, il suo passato coloniale é scritto tra le pareti delle sue chiese, piazze, musei e dell’imponente cattedrale. Arrivati presto in cittá dopo un breve viaggio in autobus (180 L a persona, circa €7), facciamo un giro per le strade del centro, visitiamo il centro d’accoglienza turistica, sede di un’esposizione dedicata ai numerosi riconoscimenti ottenuti dalla cittá in ambito culturale, e il patio interno del palazzo municipale, un atrio curatissimo con verdi aiuole, una fontana e dei coloratissimi murales per alleggerire l’aria seria e austera del luogo.

Andiamo a visitare la cattedrale spinti dalla curiositá di salire sul campanile per dare un’occhiata a quello che é ritenuto l’orologio piú antico di tutta America. Costruito dai mori durante la loro occupazione in Spagna nel 1100, fu donato dal re Felipe III (con l’intento di cancellare ogni impronta della conquista) alla cittá hondureña e trasferito dall’Alhambra (Seviglia) alla cattedrale di Comayagua. Saliamo sul campanile e godendo della vista dall’alto della torre ci soffermiamo a osservare l’antico marchingegno che ogni giorno, ogni 15 minuti, fa sentire la sua voce metallica dando vita alle campane che segnano lo scorrere del tempo.

Sono quasi le 16:30 e il guardiano del campanile ci avvisa che stanno per suonare le campane che invitano i fedeli alla messa delle 17:00. Decidiamo perció di rimanere per assistere al movimento degli ingranaggi dell’orologio e all’attivazione delle campane. Allo scoccare della mezz’ora il dispositico si mette in movimento e la campana che scandisce i minuti esegue il suo lavoro in perfetto sincronismo. Il custode si inserisce allora degli auricolari e sollevando le corde collegate alle campane, se ne lega una in vita e con le mani afferra le altre due per un totale di quattro campane. Inizia cosí una danza incalzante su un ritmo sfrenato, oserei quasi dire techno-goa trance… tutto un movimento di bacino e un ondeggiare di fianchi in pieno stile macho latino. Ben differente dalle piú familiari sonoritá religiose a cui siamo abituati in queste occasioni, assistiamo cosí ad una festa di suoni e tintennii assordanti che non dimenticheremo facilemente. Uno spettacolo inedito ed esilarante.

Se vi va di farvi due risate, ecco a voi il video: Bells Player in Honduras
Dopo esserci complimentati con il campanaro, andiamo a cenare quasi completamente sordi per l’eco rimbobante e fragoroso del batacchio di ferro. Usciamo dal ristorante ed é giá notte. Dopo le 18:00, quando inizia a calare l’oscuritá, la cittá cambia totalmente volto. L’atmosfera é un pó piú tesa e mentre facciamo ritorno all’albergo notiamo all’angolo della strada un gruppo di persone illuminate da una luce intensissima e rossastra. Stanno bruciando spazzatura in giganti bidoni di metallo. Due uomini con qualche birra di troppo ci scambiano per gringos e ci chiamano: “Americani!!!” cercando di attirare la nostra attenzione e probabilmente chiederci dei soldi. É meglio ritornare in hotel (Hotel Honduras 2, niente di speciale peró economico e centrico) in attesa della luce del giorno.
Delle prossime 48 ore non c’é tanto da raccontare. É ora di lasciare Honduras per entrare in Nicaragua. Sostiamo in Danlí dove ci fermiamo ad osservare divertiti una “banda de marcha” che sfila allegra per le vie del paese
(passiamo la notte nel Gran Hotel La Esperanza, carino e pulito, anche se di grande ha solo le dimensioni) e il giorno dopo con un cambio a El Paraíso attraversiamo piuttosto sollevati la frontiera nicaragüense a Las Manos. Un altro mito sfatato. Viaggiare in Honduras é fattibile, non é poi cosí male. Bisogna solo fare un pó di attenzione. Un consiglio?? Non girovagare troppo per strada la notte, con il buio tutto cambia. Di giorno, l’unica cosa che si nota é lo sguardo curioso della gente del luogo poco abituata agli stranieri.
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